Ieri, toccavo il cielo con un dito. Non era per superbia, per vanità o altro.
Il tuo desiderio d’amore precisa: che é la conchiglia che spiaggia la riva. Che cerca una spiga
Primavera, fa’ che tra le fragole non giunga altra stagione, allontana il bianco inverno le sue cime, il suo bastone.
Ci sono stronzi ovunque: a destra, al centro e a sinistra. Poi, altrove e tra loro, ci sono i fiori che sbocciano. Quando fate il salto...
Voltati, la stella che ammiravi un tempo non porta più il tuo nome. Il tuo odio l’ha oscurata, l’ingratitudine
Ingegnere, Idraulico, Mercante. Soffri d’amor, Ne ebbe
E fiumi più non odo di gente alcuna. Solo miseria che non vive e spare
Con Bacco e Flora ho un contenzioso. A lui devo, un di di festa e del buon vino.
Quanti lustri ci separano, da ciò che eri e ciò ch’è stato. Dai ricordi di un bambino, da rincorse a perdi fiato. Dalla scuola e le sue madri,
Caro, piccolo insetto, nel giorno scarno, piena crisalide, bozzolo salvo. Ti sarà donato
Ho imparato che rivalsa e vendetta non colmano quel vaso vuoto che è il dolore.
Poiché dolcezza e ira sono conseguenza della disobbedienza, e la disobbedienza, dell’ingiustizia
I matti stelle cadenti sulla riva, sul bordo tutto in salita della normalità.
Ho chiesto alle stelle di Castore e Polluce, dove ci porta questa via, dove conduce. Nel mentre in cui
Ho amato fino all’inverosimile. Sono stato amato sino alla disperazione. Ho tradito